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Vitamina D: miti svelati e verità su benefici e rischi secondo la scienza

Pillole di vitamina D disposte su sfondo rosa.

La vitamina D non è la panacea che molti credono: uno sguardo critico alle convinzioni errate e alle verità cliniche secondo studi e linee guida ufficiali.

La vitamina D ha guadagnato una reputazione quasi mitica come rimedio universale per una vasta gamma di condizioni mediche, dalla prevenzione del cancro al miglioramento del sistema immunitario. Tuttavia, le recenti ricerche scientifiche stanno sfidando queste convinzioni diffuse, presentando un quadro più complesso e meno ottimistico. Studi clinici di alta qualità e le raccomandazioni di istituzioni autorevoli, come l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e la National Academy of Medicine (NAM), stanno smontando molte delle idee sbagliate riguardo al potenziale terapeutico della vitamina D.

Selezione di cibi ricchi di vitamina D, tra cui salmone, uova e formaggio.
Alimenti come salmone, uova e formaggio fonti di vitamina D. – leonardo.it

La vitamina D non offre una protezione miracolosa contro cancro e malattie cardiovascolari

Una delle credenze più diffuse è che la vitamina D possa prevenire gravi malattie come il cancro, le patologie cardiovascolari e neurodegenerative. Tuttavia, il VITAL trial, uno studio clinico randomizzato pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha dimostrato che non esiste una riduzione significativa dell’incidenza di tumori, infarti o ictus in chi assume vitamina D rispetto a un gruppo placebo. Questo studio, che ha coinvolto oltre 25.000 partecipanti trattati con 2.000 UI di vitamina D al giorno per cinque anni, sottolinea come le aspettative riguardo a questa vitamina siano spesso esagerate. Anche l’idea che la vitamina D possa prevenire le malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, manca di prove concrete, basandosi spesso solo su associazioni osservazionali.

L’efficacia della vitamina D nel rafforzare il sistema immunitario è limitata

Durante la pandemia di COVID-19, la vitamina D è stata proposta come un potenziale alleato nel rafforzare il sistema immunitario. Tuttavia, revisioni sistematiche Cochrane e recenti trial non supportano l’idea di benefici clinicamente rilevanti derivanti dalla supplementazione di vitamina D nella popolazione generale. La relazione tra bassi livelli di vitamina D e infezioni, come il COVID-19 o l’influenza, si basa puramente su osservazioni e non giustifica una supplementazione generalizzata. Questo mette in luce una discrepanza tra le percezioni pubbliche e le prove scientifiche disponibili.

Le linee guida ufficiali smentiscono l’autosomministrazione indiscriminata di integratori

Un’altra convinzione comune è che livelli sierici superiori a 30 ng/mL di vitamina D siano necessari per una buona salute. Le linee guida della National Academy of Medicine e della Società Italiana di Endocrinologia indicano che livelli pari o superiori a 20 ng/mL sono sufficienti per un metabolismo osseo sano nella maggior parte delle persone. Ricercare livelli più alti senza indicazioni mediche può portare a effetti collaterali come ipercalcemia e calcoli renali. Inoltre, l’AIFA sottolinea che lo screening di massa dei livelli di vitamina D non è raccomandato nei soggetti sani, poiché non migliora gli esiti di salute e può portare a una medicalizzazione superflua.

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ultimo aggiornamento: 23 Ottobre 2025 10:54

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